Etera, la memoria senza tempo, la città che non c'è – 1996

Il linguaggio immagignifico del cinema, il potere evocativo delle parole, lo struggente richiamo di suoni e musiche, la forza di un immagine fotografica: linguaggi diversi si fondono nel progetto di “Etera, la memoria senza tempo, la città che non c’è”, che è il racconto ma anche la sceneggiatura di un episodio cinematografico, uno story-board, la mappa di un viaggio. La storia è quella di un bambino che impara a diventare uomo e a prendere in mano il suo destino attraverso un percorso iniziatico, un viaggio della memoria. In una città circondata da un grande lago, un ragazzo fa una serie di incontri: un Violinista che rappresenta il mondo dell’arte, una Donna ubriaca, la parte femminile di ognuno di noi, degli Adolescenti compagni violenti di palestra, ed in fine il Destino, il compagno di viaggio più importante della nostra vita. Solo afferandolo,  stringendolo tra le nostre mani e le nostre braccia possiamo diventare adulti. E se i linguaggi si intrecciano, anche i riferimenti letterari presenti e passati si moltiplicano. L’ispirazione più forte viene dal libro di Italo Calvino “Le città invisibili” a cui “Etera” rende esplicitamente omaggio, Ma ci sono anche i miti della classicità greca, i gironi dell’inferno dantesco con le loro simbologie, le suggestioni dell’On the road di Jack Kerouak, e l’inflienza di Win Wenders, il regista contemporaneo che meglio si è confrontato con il tema del Viaggio. Come Wenders anche Francesco va in cerca di parole che abbiano di nuovo un significato, di immagini fotografiche che possano ancora fare ciò per cui vennero inventate cento anni fa: essere commoventi… con la certezza che il viaggio nella memoria è un percorso che appartiene a tutti, e che tutti pososno percorrere.

Anna Praderio – giornalista cinema TG5 – Ottobre 1996